Gaza sotto assedio

 

A un mese dall’attacco di Hamas al cuore di Israele, il conflitto in Medioriente è ritornato nella cronaca quotidiana. Un conflitto iniziato 75 anni fa, quando è nato lo “Stato di Isreale” ai danni della popolazione palestinese che si è vista a mano a mano confinata nella striscia di Gaza e che da 25 anni vive in condizione di apartheid. Essere a favore della causa palestinese non significa però giustificare le azioni terroristiche di estremisti che massacrano la popolazione civile israliana. Così come è straziante assistere all’escalation di violenza scaturita dall’attacco del 7 Ottobre scorso, al quale Israele ha risposto con una serie di bombardamenti su Gaza, ad oggi ancora in corso, riducendo la città a un cumulo di macerie, privando i palestinesi delle proprie case e della stessa vita. L’opinione pubblica è spaccata in due, ma nessuno mai potrebbe giustificare gli assassinii e i rapimenti a opera dell’organizzazione criminale estremista Hamas, nonostante questi affermi di aver così agito perché da più di mezzo secolo assiste allo sterminio dei palestinesi da parte di Israele. A sua volta, il premier israeliano Benyamin Netanyahu afferma che l'attacco di Hamas è "una ferita mai vista dai tempi della Shoah". Eppure non è una questione di antisemitismo, ma di antisionismo. La spaccatura sta proprio qui. Il dialogo tra i due “contendenti” non si è mai realizzato in una soluzione diplomatica, piuttosto si è sempre ricorso allo strumento guerra per rivendicare la reciproca esistenza. Il Novecento è stato un secolo pieno di contraddizioni e il conflitto in Medioriente purtroppo è frutto di politiche sbagliate concepite in anni in cui non si ha avuto lungimiranza e a farne le spese sono sempre i civili, persone che sono nate in quei luoghi, che ora si ritrovano a sopravvivere anziché vivere. La guerra, in qualsiasi parte del mondo si stia svolgendo, è una sconfitta per l’intera umanità, come ci ricorda papa Francesco.

 

James Amati 1° Classico




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