Con la nomina di Presidente del Consiglio dei ministri e il conseguente ingresso a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, è cominciata una bizzarra disputa riguardante l’ortografia italiana. Infatti la Meloni ha deciso di usare, nella denominazione del suo ruolo di “Presidente del Consiglio dei ministri”, la declinazione maschile dell’articolo determinativo anziché la declinazione femminile più adatta al suo genere, e questo ha fatto scatenare parecchi dibattiti. È giusto che la prima donna diventata Premier nella storia della Repubblica Italiana si faccia chiamare con l’articolo maschile, dando la sensazione di minimizzare il ruolo svolto da una donna rispetto ad un uomo quando arriva a ricoprire incarichi importanti? Non è novità che una donna dichiari la propria preferenza a farsi chiamare al maschile: Beatrice Venezi, durante Sanremo, espresse la sua predilezione a farsi chiamare “Direttore d’orchestra” anziché “Direttrice”. Affermazione che era stata accolta molto positivamente dalla stessa Meloni, la quale il primo maggio twittò: “L’Italia che vogliamo deve essere davvero fondata sul lavoro, non solo sulla carta. Senza discriminazioni ideologiche o ricatti sulla salute delle persone. Solo così la festa dei lavoratori tornerà ad avere reale valore…. Complimenti a Beatrice Venezi per queste parole. Buon 1° maggio”. Bisogna comunque precisare che non è stato un caso o un errore. È stata una scelta consapevole. Secondo Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, chi usa i titoli al femminile «accetta un processo storico ormai ben avviato» mentre chi preferisce i maschili, «ha comunque diritto di farlo» per mettere in luce «il valore ideologico delle opzioni linguistiche sul genere». Meloni è perciò consapevole di quale messaggio sta lanciando definendosi IL Presidente. Rimarcare (presumibilmente in maniera volontaria) il potere maschile, anche se lei è la prima donna Presidente. Negare, in nome dell’avversione a fantomatiche “discriminazioni ideologiche”, anni di lotte del movimento femminista, che hanno portato prima al suffragio universale con il diritto di voto esteso anche alle donne, e poi successivamente all’arrivo in politica di queste ultime, di cui Giorgia, volente o nolente, ne fa parte. Cara Meloni, se proprio non vuole darla vinta alle ideologie, lo faccia almeno per tutte le giovani ragazze che la guardano e che sognano, un giorno, di subentrare in questo ruolo, in modo che lei possa contraddistinguersi e diventare davvero la prima donna Premier, anziché nascondersi nell’anonimia della moltitudine degli uomini al potere.
Gemma Carfora 4° Classico
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